Chiese e Confraternite
Chiesa dei Battuti Bianchi
CHIESA DI SAN SEBASTIANO
La Chiesa della Confraternita dei Battuti Bianchi, dedicata a San Sebastiano, si affaccia sull’attuale piazza Dante all’imbocco con via Mazzini (antica via della Piazza). La fondazione della Confraternita, che si occupava di bambini poveri e orfani, assisteva malati e diseredati, è antecedente il 1528, quando documenti ne attestano l’esistenza: l’antica sede del sodalizio sorgeva ‘a levante della parrocchiale’ e fu abbattuta dopo la costruzione dell’attuale edificio. Nella seconda metà del ‘700, dopo un progetto di B.A. Vittone, rifiutato perché troppo grandioso, fu chiesta a Filippo Nicolis di Robilant (1723-1783) la pianta dell’attuale edificio, ch’egli risolse con singolare ingegno e straordinario gusto scenografico, avvezzo com’era all’elaborazione di apparati per i teatri e le feste di Corte. Il cantiere di costruzione si protrasse dal 1765 al 1774 e si avvalse dell’opera dello stuccatore F. Barelli; nel 1776 il pittore Toscanelli ne decorava pareti e soffitti con una sensibilità ed un’eleganza verosimilmente suggerite ancora dal Robilant. Successivi interventi decorativi (fratelli Prinotti, primo ‘900) reinterpretarono e coprirono parte delle antiche pitture che, fortunatamente, riaffiorano per la caduta di frammenti di colore. Il coro, con stucchi di N.Soleri, fu aggiunto tra il 1846-47 su disegno dell’architetto monregalese G.B. Gorresio. L’oratorio di San Sebastiano raccoglieva le famiglie di più antica storia presenti in paese: non a caso anche i Conti Costa della Trinità, Signori di Carrù (una tra le famiglie più in vista presso la Corte Sabauda) era legatissima a questa chiesa e fu Vittorio della Trinità, Viceré di Sardegna e Priore della Confraternita, ad invitare a Carrù l’amico Robilant, pagato dai confratelli con “regali di trifole, salmate di vino bianco, robiole, pescarie e volatili”.
INTERNOLa Chiesa della Confraternita dei Battuti Bianchi è un autentico gioiello d’arte. L’architettura tesa e nervosa disegnata dal conte Filippo Nicolis di Robilant gioca con effetti chiaro-scurali e si avvale di una decisa impostazione scenografica: qui è risolto uno degli spazi più caratterizzati e armonici del concentrico carrucese. L’edificio presenta in pianta una successione ritmica di partizioni, in cui prevale l’elemento della linea curva. Il pavimento della chiesa, realizzato in pietra di Barge, è posto in leggera salita.
1° altare a dx: statua lignea di SS. Vergine Addolorata
Il disegno che caratterizza l’altare, realizzato in marmo grigio, venne formulato da marmorari locali non identificati nel primo ‘900; sino ad allora esisteva un altare, sempre in marmo, proveniente dalla chiesa antica, che venne smantellato e sostituito all’attuale.
Il gruppo scultoreo dell’Addolorata fin dal ‘700 è riferito al luganese Carlo Giuseppe Plura, uno dei più conosciuti artisti attivi in Piemonte fra ‘600 e ‘700. L’opera ancora oggi colpisce per la sua teatralità e si apprezza la plasticità mossa e morbida dell’angioletto che completa il gruppo. La macchina processionale dell’Addolorata veniva accompagnata in processione la terza domenica di settembre da quattro putti reggi-palma, in legno intagliato, dipinto e dorato, tipologicamente diversi e di livello inferiore rispetto all’angioletto a lato della Vergine, da attribuirsi ad un autore intervenuto in un secondo momento. Esiste una memoria manoscritta datata 1798 che descrive la solenne celebrazione della festa dell’Addolorata, con la presenza dell’Ill.mo Sig. Filiberto Maria Costa Conte di Trinità e Carrù, Priore della Confraternita, che stimolò lo svolgersi dell’evento protrattrosi per vari giorni.
In seguito al matrimonio celebrato in Torino nel 1836 tra Costanza Luserna di Rorà e il Conte Paolo Remigio della Trinità-Carrù, la sposa donò alla Confraternita (segno del profondo legame che da sempre univa i feudatari a questa chiesa) il prezioso manto in seta, ricamato e arricchito di filigrane d’argento ricavato dal suo abito nuziale. Il manto rivestiva la statua dell’Addolorata durante le processioni solenni.
1° altare a sx: statua lignea policroma dell’Angelo Custode
Questo è l’unico altare, all’interno della chiesa, pervenutoci nella forma originale, di impronta tardo-barocca; la balaustra in marmo è un’aggiunta tardo-ottocentesca, conforme a quella prospiciente (altare delll’Addolorata).
Esisteva una Compagnia legata al culto degli Angeli custodi, di cui non si conosce la data di fondazione. Il culto dell’Angelo custode è documentata già nella chiesa della Confraternita antica perlomeno dalla seconda metà del XVII secolo.
La statua lignea policroma dell’Angelo che tiene per mano Tobiolo, opera dello statuario Ignazio Perrucca di Torino, giunge a Carrù nel 1780 in forma “grezza” ed in un momento successivo un non precisato pittore si occuperà di colorarla. L’opera rivela una indubbia personalità nella formulazione generale dell’impianto e nella conduzione dei ricchi panneggi e sicuramente risulta bella ed imponente, sistemata sul tavolaccio e portata in processione notturna per il paese in occasione della festa dei Santi Angeli custodi celebrata la seconda domenica di ottobre.
L’angelo con la mano destra indica qualcosa nel cielo, Tobiolo guarda in alto stupito; l’incedere delle figure è colto in una sorta di passo danzato: l’armonia della scultura è concentrata nel gesto, nell’intesa che si avverte trasmettersi vicendevolmente tra i due personaggi. C’è il silenzio e c’è attesa nel cammino che il bimbo ed il suo giovane custode stanno compiendo insieme, ci sono stupore e segrete rivelazioni divine.
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2° altare a dx: reliquia di S. Gaudioso Martire
La reliquia del glorioso corpo di san Gaudioso martire, estratta dal Cimitero Ponziano in Roma, fu inviato alla chiesa nel 1783 con autorizzazione di papa Pio VI e su richiesta dei confratelli che facevano parte dell’élite carrucese del tempo. Si tratta di un fantoccio in cera che contiene i resti ossei (ben visibile il cranio) del milite Tebeo, personaggio a cui non si possono riferire informazioni precise e che sfuma nella numerosissima schiera di quei legionari romani che si convertirono al cristianesimo e subirono il martirio (da non confondere con il più noto San Gaudioso vescovo, naufragato e morto a Napoli, dove è venerato nelle omonime catacombe).
Il corpo santo è custodito in una preziosa teca di vetro, rivestito da ricchi abiti serici adorni di filigrana d’argento ed è composto in quasi sognante atteggiamento di riposo; reca i simboli del martirio tra cui la palma. La prima collocazione della reliquia fu sotto la mensa dell’altare maggiore; la sistemazione attuale, con altare espressamente dedicato, avvenne intorno alla metà del XIX secolo, quando l’altare maggiore fu rinnovato insieme al coro nel luogo attuale. In occasione della festa del Santo, che cadeva la prima domenica di agosto, si esponevano tutte le altre reliquie conservate nella chiesa.
L’omonimo dipinto, situato sopra l’altare e raffigurante il santo guerriero, è opera realizzata nei primi anni del ‘900.
2° altare a sx: statua di S. Anna e la Vergine bambina.
Collocato frontalmente all’altare di San Gaudioso, si trova quello dedicato alla madre della Madonna, venerata nell’omonima frazione carrucese. Nella nicchia è conservata una statua lignea dipinta, raffigurante San’Anne e la Maria bambina, opera anonima, realizzata all’inizio del XX secolo.
L’altare maggiore dedicato ai Santi Sebastiano e Rocco, in marmi policromi, fu realizzato e collocato intorno alla metà del XIX secolo, in seguito all’ampliamento della chiesa, che prevedeva l’aggiunta della nuova zona absidale. Sino a quel momento la pianta della chiesa si presentava con forma ad otto e presumibilmente l’altare maggiore era collocato al limite della strozzatura che caratterizza la parte centrale dell’edificio.
La nuova zona presbiteriale fu costruita su progetto dell’architetto monregalese G. B. Gorresio, che si avvalse della collaborazione del geometra carrucese Giuseppe Vigliada, che tra l’altro fu sindaco del paese. Di Natale Soleri sono le decorazioni a stucco e i rosei putti disposti sui bordi della cornice a coronamento dell’ancona ovale; anonimo l’olio su tela che raffigura la Vergine col Bimbo tra i Santi Sebastiano e Rocco (XIX secolo).
Le decorazioni pittoriche a secco tra cui le raffigurazioni dei Santi Francesco e Grato furono realizzati nella seconda metà XIX sec. e ripresi ai primi del ‘900 dall’équipe Pinotti. Inseriti nelle pareti laterali, al di sopra di due nicchie, i profili in marmo bianco dei Santi Fabiano e Paola, le cui insigni reliquie sono conservate nella chiesa.
Troneggia al di sopra dell’altare maggiore un fastoso baldacchino in legno scolpito e dorato, arricchito da seta rossa che, mosso da un argano, poteva scendere e salire durante le funzioni, enfatizzando la scena religiosa. Il color rosso porpora, che caratterizza la seta del baldacchino, era usata per parare a festa l’interno e la facciata della chiesa: venivano utilizzati teli in seta bordati da passamaneria dorata.