Vivi Carrù

Storia

INDICAZIONI GEOGRAFICHE
A diciassette chilometri circa a nord-est di Mondovì, all’altezza sul mare di 364 m., sopra a una delle numerose e caratteristiche terrazze della riva sinistra del Tanaro, giace la fiorente cittadina di Carrù, posta come limite di confine tra l’estesa pianura piemontese e le Langhe per questo viene chiamata porta della Langa. Il suo territorio di 2550 ettari comprende oltre al Capoluogo le frazioni dei Ronchi, di San Giovanni, Bordino, Sant’Anna, Massimini.
E’ limitato a est dal fiume Tanaro, a sud dal torrente Pesio, è irrigato dall’antico canale Brobrio e dal torrente Rio (quasi totalmente colmato) che spartiva il Capoluogo in due parti collegate tramite il ponte Soprano e Sottano.
ORIGINI
L’origine ed il nome di questa cittadina o borgo sono in parte ignoti, le uniche testimonianze derivano dalla tradizione orale o dagli scavi fatti in varie località del territorio. Anticamente questa terra apparteneva ai Baggienni, originari della Liguria e discendenti di quel popolo forte e bellicoso, che anteriormente alla dominazione romana, regolava le sorti di quasi tutti i paesi del Piemonte. Ma allorquando i Romani riuscirono a vincere e debellare i Liguri, esso passò sotto la loro dominazione.
Di quest’epoca fa menzione una lapide rinvenuta presso l’antica chiesa di S. Pietro in Grado e si riferisce a M. Fulvius, che sciolse sull’ara degli Dei Mani il suo voto per aver vinto i Liguri, il cui dominio si stendeva fino alla riva destra del Tanaro, l’anno di Roma 630. Sopra la suddetta lapide si leggono queste parole: “Dis minibus sacrum Marcus Fulvius votum solvit libens merito” (Marco Fulvio sciolse volentieri e meritamente il suo voto agli Dei Mani). Altra testimonianza romana è la pietra miliare rappresentante la Lupa Romana e il frammento di una lapide. In seguito a scavi per la rete ferroviaria Torino-Savona vennero ritrovate sedici tombe contenenti monete imperiali, stoviglie, coppe di vetro e uno specchio di argento.

ETIMOLOGIA
Ipotetica è pure l’etimologia del suo nome, che oltre alla denominazione di Carrea Potentia, fu nominato Carrucium, Carrucum, Carutum, Carrugo, Carruco e Carrù. Quasi tutte le spiegazioni dell’etimologia si attaccano al carro: al piccolo carro(carrucum) che avrebbe portato da Dogliani a Farigliano a Magliano il dio Giano brillo e arzillo, tutto intento a battezzare i paesi all’intorno con il suo riverito nome, a ricordo di quella solenne sbornia: Dolium Jani, Claves Jani, Far Jani, Mallum Jan….

MEDIOEVO E DINTORNI
Ai tempi del feudalesimo, Carrù era una Curtis, villaggio autosufficiente di contadini con proprio mercato ed attività essenziali. Inizialmente dipendeva dalla contea di Bredulo che aveva il suo centro nella non lontana Breolungi. Dal 901 Carrù passo all’alta signoria dei vescovi d’Asti e dal Mille fu infeudata ai signori di Manzano, che la tenevano d’occhio dai luoghi dove stava per sorgere Cherasco.

 Dopo un primo, opprimente controllo, fu concessa al borgo agricolo una certa qual autonomia, infatti poteva contare su un consiglio, un vicario, un notaio, ambasciatori e campieri per le vigne, già allora diffuse. Il piccolo borgo aveva case piccole, senza pretese, per lo più in legno con tetti di paglia, facili a prender fuoco. Le mura di recinzione si aprivano, a nord e a sud, su due porte assiduamente custodite e inesorabilmente chiuse al tramonto. La gente era quasi tutta dedita al lavoro dei campi e delle vigne, o alla pastorizia. Per il pascolo e per la legna ci si dirigeva verso Magliano; vi arrivava una strada su cui i carrucesi non tardarono a pretendere un pedaggio. Ben presto sentirono bisogno di una chiesa, la costruirono tutti insieme fuori dalle mura utilizzando i ciottoli portati dal fiume Tanaro.

La chiamarono San Pietro in Grado, forse a ricordo del “passaggio” di San Pietro nel suo apostolico viaggio verso la Gallia e Spagna. Cinquant’anni dopo circa, venne creata una succursale all’interno delle mura, dedicata all’Assunta, che infine divento parrocchia antenata dell’attuale. Nel 1250 Carrù fu acquistata da Mondovì per 600 lire genovesi; subito dopo la firma del contratto la rivendettero a Pietro Bressanone per 800 lire genovesi, riservandosi solo i diritti di sovranità. Il patto stabiliva a Mondovì le decisioni sulla pace e la guerra che i carrucesi dovevano intraprendere, e i Bressanone in contropartita non potevano vendere la terra e il castello senza consenso. In seguito al potere tirannico dei Bressanone che perdurava da più di cent’anni, i carrucesi invocarono l’intervento degli Angiò che cacciarono i tiranni e cedettero la cittadina ai marchesi di Ceva nel 1370.

In seguito agli assalti scatenati da questa casata in tutto il Piemonte, intervenne nel 1415 Ludovico d’Acaia, cugino di Amedeo VII di Savoia, a porre fine tramite il generale Costa. Dopo alcuni mesi di assedio Costa entrò in paese con il motto “De jour en Jour”; divenne nuovo signore; la casata si stabilì saldamente nel castello ammodernandolo. La politica dei Costa sembra favorire una riorganizzazione della vita carrucese che pare soprattutto caratterizzarsi in più aperto e meno teso rapporto tra potere signorile e comunità rispetto alle presenze feudali precedenti. I Costa assunsero un ruolo di riferimento costante, diretto o indiretto, di tutti gli accadimenti che coinvolgono questi luoghi. Per loro volontà il paese si circonda di solide mura che vengono aggiornate ai nuovi sistemi di difesa nella prima metà del 1500. L’allevamento di animali domestici, i prodotti da essi derivati insieme a quelli dell’agricoltura costituiscono la spina dorsale dell’economia locale; la concessione di tenere un mercato ogni mercoledì, ottenuta dai duchi di Savoia nel 1473, viene a regolamentare una consuetudine di scambio. Questa data è da ritenersi pertanto un riferimento storico preciso circa la vocazione commerciale carrucese. Nel 1520 Carrù sostenne il partito delle truppe francesi, alleate del duca di Savoia, ma non per suo tornaconto.

E quando nel 1536 ebbe inizio la terribile guerra tra l’imperatore Carlo V e Francesco I, re di Francia, nel castello vi era un presidio di 54 francesi che fu insufficiente a tener fronte agli spagnoli dell’armata imperiale, i quali trucidarono 1284 persone, perché il paese aveva rifiutato di aprire le porte a causa della peste che vi regnava all’interno. Nel 1600 il castello venne trasformato in un baluardo per l’arruolamento di soldati per essere mandati in guerra fra Spagna e Francia. Con l’abbattimento dell’antica chiesa parrocchiale di S. Maria, nel 1703, si attua il lungamente perseguito progetto del nuovo edificio parrocchiale affidando l’incarico all’architetto Francesco Gallo.

PERIODO NAPOLEONICO
Quando nel 1796 Napoleone iniziò la Campagna d’Italia, il re di Sardegna si mobilitò a mobilitare le truppe e Carrù rispose con 700 arruolati dotati di cibo acquistato con la tassa di lusso e sui beni, appena imposta per scampare all’arrivo dei giacobini. In seguito all’estrema difesa tentata il 21 aprile presso Mondovì, andata male per il re, Napoleone, il 23 aprile, entrò in Carrù, stanziando l’esercito sulla Preosa e recandosi a cenare e pernottare presso l’abitazione del notaio Massimino (in foto a lato), dopo essere entrato nella chiesa dell’Assunta e aver sparato una serie di colpi di fucile, il motivo non si sa tuttora. In tutto, l’onore di aver avuto Napoleone costò 60539 lire (qualcosa come 900 mila euro attuali), di cui 30000 in contanti e il resto per il mantenimento per le truppe. Il giorno seguente occupò Bene Vagienna e Trinità, sparando cannonate su Fossano; ritornato a pernottare in Carrù nella mattinata del 25 aprile in due ore raggiunse Cherasco dove il re di Sardegna, Vittorio Amedeo III, dovette piegarsi al duro armistizio.

Durante il suo pernottamento carrucese si riscontra una lettera amorosa inviata alla moglie da poco sposata. A metà dicembre del 1798, il sindaco Paolo Alessi con il rappresentante della repubblica francese imposero l’innalzamento dell’Albero della Libertà, simbolo della rivoluzione, ciò creò molto entusiasmo fra la popolazione che partecipò in massa alla funzione. Nonostante le delusioni patite e i costi spaventosi, fermenti di progresso e libertà rimasero in paese: fu quella l’eredità migliore lasciata da Napoleone. Il suo dominio e la sua smania di innovazioni avevano travolto vecchie strutture, sgretolato barriere e contribuito per vari aspetti a spianar la strada al superamento delle antiche mentalità verso l’indipendenza nazionale. Tra le novità introdotte a Carrù in età napoleonica vi sono provvedimenti volti all’ordine pubblico e alla necessità di arruolamento:

  • Numerazione delle case(1801);
  • Ufficio di stato Civile (1803);
  • Ufficio del Registro (1807);
  • Stazione dei carabinieri subordinata alla Guardia Nazionale

OTTOCENTO
Dopo la parentesi austriaca non documentata, durata meno di un anno, Carrù tornò sotto la Francia di Napoleone che in tanto era diventato primo console. Alla caduta di Napoleone I, il Piemonte ritornò sotto il dominio degli antichi sovrani sotto i quali si poté gustare un po’ di pace. Nel 1848-49 grande euforia si diffuse tra la folla per la concessione dello Statuto Albertino, per l’abolizione della pena di morte e per le prime elezioni del Parlamento Subalpino e del Consiglio Comunale. La guerra d’indipendenza, fra il ’48 e il ‘66 videro impegnati quattrocento carrucesi di ogni grado e condizione. L’asilo infantile venne fondato nel 1854, coi proventi di un lascito di lire 200 della benemerita signora Persenda e con il concorso della popolazioni con private sottoscrizioni. Fino al 1886 l’amministrazione si servì di locali dell’ospedale concessi gratuitamente; migliorate le condizioni finanziarie si acquistò il terreno e si costruì l’attuale edificio che si affaccia sul Corso Einaudi Nel 1854 cominciarono le scuole nelle frazioni dei Ronchi, di S. Giovanni, di Frave e Bordino, fatte, ora da maestri o maestre, sussidiati dal Comune e i frazionisti; e solo nel 1886, vi si istituirono scuole regolari. La società operaia nacque nel 1862 con tassa mensile di associazione pari a 0,60 lire, ed in caso di malattia, i soci hanno diritto a lire 1 al giorno per un massimo di 50 giorni. Per i soci inabili per malattia o per vecchiaia, venne istituita la Cassa per la vecchiaia a cui si poteva aver diritto dopo 10 anni d’iscrizione, essere inabili al lavoro o aver raggiunto i 70 anni di età. Nel 1870 venne inaugurata la nuova linea ferroviaria Torino-Bra-Ceva-Savona, lontana dal centro abitato, ma ben presto sboccia un nuovo borgo in prevalenza industriale e una strada piuttosto tortuosa stabilì il contatto con il concentrico. Nel 1874 nacque Luigi Einaudi divenuto poi presidente della repubblica italiana. Il 2 ottobre 1887, Carrù aveva finalmente la sua acqua potabile, derivata mediante tre chilometri di tubi in ghisa che partivano dalla regione Ronchi-Zucchetti. La spesa complessiva ammontava a lire 64.104,40. Fino ad ora l’acqua è a disposizione solo dei privati con la possibilità di pagare 30 lire annuali. Nel 1899, preceduta da non poche discussioni, si era costituito un po’ in sordina, ma con fiduciosa volontà di servire concretamente allo sviluppo delle attività agricole e artigianali, una Cassa Rurale dei prestiti.

NOVECENTO
Nel 1900 fu fondata la cassa rurale con lo scopo di elargire ai soci il credito a mite interesse, per migliorare le loro condizioni economiche. Nel 1902 arrivò l’illuminazione pubblica che si estese in tutto il paese con l’installazione di settanta lampioni. Fu merito soprattutto dei buoi grassi se Carrù provò l’ebbrezza di sentire avvicinarsi tempi migliori, tempi di vacche grasse. Quel giovedì di metà dicembre 1910 la piazza Nuova era strapiena di animali, risuonava muggiti, rigurgitava di compratori, intenditori e curiosi così la prima Fiera del Bue Grasso si rivelò subito iniziativa intelligente ed azzeccata per caratterizzare un paese e dargli prosperità e rinomanza. La fiera si tenne anche durante i periodi di guerra, da notare una diminuzione della partecipazione dovuta al difficile periodo di guerra e di carestia.

Il 1 gennaio 1911 Carrù si dotava del primo giornale, strumento di espressione e dibattito, con il nome di Il Carrucese. L’anno seguente il nome venne cambiato con il Corriere di Carrù, con il quale ancor oggi viene pubblicato, con cadenza quindicinale, raccontando cronaca, sport ed eventi di Carrù e paesi limitrofi. Gli anni che vanno dal 1915 al 1918 hanno rappresentato quattro anni di angoscia profonda. Dopo la sofferta Vittoria, breve fu l’esultanza, lunghi gli strascichi. Su 578 combattimenti carrucesi, 92 erano rimasti sul campo, e parecchi altri erano tornati con ferite e mutilazioni. Solo dopo la marcia su Roma, il tentativo di fascistizzazione investì Carrù e dintorni. I fascisti facevano leva sul desiderio di ordine, sulla retorica patriottica, sul giovanilismo, ma soprattutto puntavano sugli ex combattenti di paesi e campagne. Nel ’23 fu inaugurato e benedetto il gagliardetto della sezione fascista. Alle elezioni del ’24 prevalse la lista contadina con 385 voti, i liberali di Giolitti ne ebbero 175, i fascisti 108, i democratici 45, infine nell’ordine si affermano popolari, comunisti e socialisti.

Con l’avvento del fascismo vennero mesi fuori leggi i partiti e sindacati, imbrigliata la stampa compreso Il Corriere di Carrù. Il fascismo sfogò il nervoso accumulato per la questione morale dell’Aventino facendo cadere le ultime amministrazioni democratiche; la struttura democratica venne fatta crollare nel ’26 con l’introduzione della figura del podestà. Tra le opere significative, si ricorda la sistemazione del mercato e la creazione di nuove strutture per le attività del dopo lavoro o per le nuove gioventù dei balilla e della littorio. Le trepidazioni cominciarono fin dai primissimi giorni del conflitto. Tra il 10 e 23 luglio del ’40 si temettero più volte attacchi di aerei francesi ai magazzini militari giù alla stazione; le bombe furono sganciate, ma a Piozzo e Farigliano in regione Mellea. Nella primavera del ’41 i carrucesi sotto le armi erano 400. Subito dopo l’8 settembre del ’43 visse da vicino il dramma della disgregazione dell’esercito e dell’apparato statale. I magazzini militari della stazione erano zeppi di vestiario e equipaggiamento d’ottima qualità della IV Armata, impiegata nella Francia meridionale; si aprì l’ondata ai saccheggi protratti fino all’arrivo dei nazisti. Il 25 settembre i tedeschi stabilirono un loro presidio, comunicando le terribili rappresaglie a cui sarebbero stati sottoposti il paese e la popolazione se si fossero ripetuti furti ai depositi, o atti di poco rispetto ai soldati tedeschi. Di positivo, in mezzo a tanto sfacelo, ci fu che, nei giorni successivi all’armistizio, si tenne in municipio una riunione di antifascisti presieduta dal generale Perotti che aveva capito la necessità di creare nuclei di partigiani.

Di lì a pochi giorni, però, lasciò Carrù per Torino dove assunse responsabilità nel Comitato Militare clandestino (CNL). I primi nuclei partigiani si raccolsero in Langa sul finire del ’43, formati in prevalenza da sbandati della IV armata o reduci di altri fronti ma anche giovani ragazzi che tentavano di sfuggire dai tedeschi. Nel ’44 il paese era passato alla dipendenza della Guardia Nazionale Repubblicana di Salò; più volte i fascisti perquisirono le case in cerca di giovani renitenti e di materiali militari sottratti ai magazzini militari. Da maggio dello stesso anno, in paese venne ribadito l’oscuramento anche per gli autoveicoli, moto e biciclette. I vetri delle case e lampadine dell’illuminazione pubblica si colorarono di blu; i parafanghi delle auto, moto e biciclette si tinsero di bianco. Alle porte delle case dovevano essere affissi e aggiornati gli elenchi di tutti gli inquilini; intanto i mercati e negozi si svuotavano. Sulle Langhe si scorgevano bagliori d’incendi e crepitii di armi. Il 18 agosto due partigiani di passaggio si sedettero intrepidamente nel déhors del caffè Roma mostrata a lato, in pieno centro, per gustarsi un gelato mentre il meccanico riparava l’automobile. Mentre sopraggiunse un’auto con tre ufficiali tedeschi in cerca di informazioni, il partigiano, pensando a partigiani camuffati da tedeschi, come era di consuetudine, si avvicinò. I tedeschi, scoprendo che si tratta di un partigiano iniziarono a sparare, nella sparatoria vennero colpiti i tedeschi e uno di loro rimane ucciso, mentre i partigiani scappano per Dogliani. Verso sera giunsero altri tedeschi, determinati alla rappresaglia; prelevarono venti ostaggi trattenendoli nell’ospedale. Grazie all’intervento dell’interprete Arduino, si riuscirono a smorzare i propositi incendiari sull’intero paese, ristringendo le fiamme al caffè Roma, che venne bruciato. L’ 8 febbraio del ’45 i fascisti tornarono a Carrù e si insediarono nel castello, inaugurando così un nuovo periodo di sparatorie e uccisioni. Il coprifuoco venne anticipato e fu proibito portare il mantello, per evitare che si nascondessero armi, vennero arrestate centodieci persone. In meno di un mese vennero uccise 8 persone.

 L’alba del 29 aprile del ’45 si aprì con i massimi auspici poiché Carrù venne liberata, l’intera guerra era costata 15 caduti e 37 dispersi di guerra e almeno 15 caduti fra i partigiani e 20 i fra i civili, in quella della libertà. Il 17 marzo del 1946 furono indette le elezioni comunali e provinciali, per la prima volta parteciparono le donne, si inaugurò un lungo periodo con a capo le forze di centro o contadine. Intanto si proseguiva in gran carriera al riempimento della rocca Petiti con terra di scavo e pattume. Al referendum del 2 giugno del ’46 , i carrucesi furono in maggioranza per la monarchia, come vari altri centri della Provincia; salvo poi ricredersi. Poco dopo, l’11 maggio del ’48, tutta Carrù esultò per l’elezione di un suo cittadino alla più alta carica della giovane Repubblica. A coronamento di una carriera scientifica e politica di grande prestigio e limpidezza, Luigi Einaudi, liberale, antifascista già governatore della Banca d’Italia, ministro del bilancio e vicepresidente del Consiglio nel governo De Gasperi, era divenuto Presidente della Repubblica. Il dopoguerra vide un decisivo impegno per potenziare le rete di collegamenti e fare di Carrù un’efficiente e invitante porta della langa. Nel ’65 venne aperto il tratto autostradale Fossano-Ceva con casello a Carrù, vennero avvantaggiati i rapporti con Cuneo e le sue valli. Nel ’70 venne costruita la circonvallazione e iniziava la costruzione della Fondovalle del Tanaro ideata dal carrucese Curreno. Nel ’94 Carrù viene colpita dall’alluvione che allaga la regione della Reculata e della stazione, questo evento sancisce la chiusura della tratta ferroviaria ormai priva di ponti crollati nell’alluvione.

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