Chiesette

Santuario Madonna dei Ronchi

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Qui un tempo si stendeva la Selva Bennale, una grande e fitta boscaglia che occupava territori ora fertili e coltivati (in massima parte) facenti parte dei comuni di Carrù, Magliano, Trinità, Bene Vagienna, Piozzo, Lequio Tanaro. Il territorio, sin dai tempi medievali fu arroncato, cioè via-via disboscato: di qui il toponimo. La carrucese zona Ronchi era attraversata da una strada, sino a tempi relativamente recenti poco sicura (anche infestata da briganti; in epoca tardo medievale si parla pure di streghe, lupi e cinghiali) che portava verso Trinità: qui esisteva sin dal ‘400 circa un pilone, a protezione dei viandanti che si avventuravano lungo quella via e nei sentieri della boscaglia. Il pilone era dedicato alla Vergine, che compariva raffigurata ad affresco (Vergine col bimbo in braccio che tiene un uccellino legato ad una cordicella). Cesare Vadda (Monografia di Carrù, Dogliani 1902, pag. 69) descrive così questa immagine: “...Maria SS., appoggiata ad un albero verdeggiante vagheggia, ritto sul ginocchio, il bambino Gesù, che tiene avvolto alla destra mano un filo, a cui è legata una rondine, posata sulla sinistra”.

E sempre Vadda prosegue informandoci che “Fin dal secolo XVI i carrucesi professarono speciale devozione alla Madonna dei Ronchi”.
Nel 1622 sono documentati alcuni lavori intorno al pilone per racchiuderlo all'interno di una cappella: questa cappella fu intitolata alla Concezione di Maria ed ai suoi genitori Gioachino ed Anna. I lavori erano terminati nel ‘24. Intanto la devozione cresceva intorno all'immagine della Vergine dei Ronchi e così il Priore Luca Antonio Zavatteri, munifico benefattore e committente di molte opere nelle chiese del concentrico (ad es. l'altare del Rosario in Parrocchia) pensò di solennizzare tale devozione con una solenne incoronazione. Questo avvenne nel 1709 con grande partecipazione di popolo e l'intraprende arciprete Carlo Tomaso Badino (promotore della costruzione della nuova chiesa parrocchiale su progetto di Francesco Gallo) fissò la data di quella prima festa che sarà di lì in avanti sempre celebrata (21 settembre 1709). La devozione nel corso degli anni crebbe così tanto che nel 1730 iniziò la costruzione dell'odierno edificio, di grandioso aspetto, che fu terminato nel 1767. Ne diede il disegno Giuseppe Antonio Rocca abitante a Cherasco (di origine luganese) che aveva lavorato con Francesco Gallo nel cantiere dell'Assunta a Carrù e che nei documenti relativi al Santuario dei Ronchi è definito ‘architetto’; esegue materialmente l'opera l'équipe guidata dal capomastro Carlo Bianco originario di Bene. Ancora Vadda descrive così l'edificio: “É di stile classico e presenta la forma di una croce greca. La facciata è imponente con belle cornici. La volta ed il bacino internamente hanno pitture di qualche pregio, e sono opera del pittore Bongiovanni di Pianfei, che le eseguiì nel 1809”. Infatti esattamente cento anni dopo la prima incoronazione, nel 1809 (arciprete Giovanni Occelli), si solennizzò tale ricorrenza con nuovi lavori al Santuario, questa volta indirizzati alla decorazione interna, affidata a Michele Bongiovanni (1768-1839), fratello del più celebre Giovenale (1746-1794), nativo di Pianfei; questi apprese il mestiere dal fratello e dal celebre quadraturista Gaetano Perego (attivo, fra l'altro, a Stupinigi), dedicandosi in particolare alla scenografia ed alla pittura teatrale; in questo ruolo lo si vuole attivo a Parigi ed in altre città della Francia. Nella chiesa carrucese dei Ronchi sono dispiegate figure ed ornati a lui riferibili condotti con mano veloce e nervosa: una pittura di tutto effetto scenico e decorativo in cui sembrano confrontarsi ed accostarsi elementi ancora ispirati a certe formule barocche (semplificate) ed altri in cui emerge chiaro il nuovo linguaggio Empire. Soprattutto alcuni particolari decorativi che scandiscono il gioco delle volte o il motivo a nastro in cui si sviluppano cartigli e ramages (in alto, nel cornicione) stanno a testimoniare l'attenzione al nuovo gusto ed agli stilemi di primo '800. L'altare maggiore, in marmi policromi, racchiude l'antico pilone quattrocentesco: l'affresco, abbondantemente ripreso più volte in epoche successive, è, secondo una tradizione orale attribuito a Giovanni Mazzucco (attivo e documentato in molti luoghi del monregalese e oltre, XVI sec.) ma tale ‘attribuzione’ è tutta da verificare e studiare. Gli altri due altari laterali (parte in stucco, parte in marmo e con decorazioni pittoriche) sono dedicati l'uno ai Santi Gioachino ed Anna, l'altro alla Vergine Assunta patrona del Paese. Ed apprendiamo ancora dal Vadda che “Maria SS. dimostrò più volte di aggradire gli ossequi dei buoni carrucesi poiché sia nelle pubbliche, come nelle private calamità, non cessò mai di spargere i celesti suoi favori su quanti a lei ricorsero con fidente invocazione”. Nel 1909 in occasione del terzo anniversario dell'incoronazione furono eseguiti nuovi lavori di decorazione interna affidati al pittore Alfredo Capellaro, originario di Mongrando, che lavorò ad alcuni restauri e a nuove pitture; l'artista si avvalse della collaborazione del giovane Pippo Vacchetti (1873-1945), da poco diplomato all'Albertina di Torino.

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