Palazzi Storici

Palazzo Lubatti

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Piazza del Municipio

-CATASTO NAPOLEONICO (Mappa Derossi): Foglio di mappa n.° 50 bis, particella n.° 6502.
-CATASTO ATTUALE: foglio di mappa 17, particella n.° 308 (edificio più pertinenze).

“L’antico palazzo Lubatti sorge sulla vetta di un piccolo colle di fronte all’isolata massa di tufo su cui giace il Castello; lo maschera e gli toglie la vista splendida delle caratteristiche Langhe la cattedrale… L’ostruzione dell’antico portale ha tolto ora all’ingresso la maestosità d’un tempo: ma l’ampia serena regolarità delle sale è fortunatamente rimasta intatta, cogli enormi focolari, coi leggiadri festoni, coi superbi soffitti d’acero e di noce, a cassettoni. Semplici e quasi nude le pareti, se ne togli le ghirlande d’armi gentilizie arridenti a l’alto: armi di nobili famiglie venute, col sorriso delle gentildonne, ad ingemmare l’avito blasone dei Lubatti. Rilevante è lo stemma dipinto al di sopra del superbo e maestoso camino della gran sala: uno scudo rappresentante un lupo rampante in campo bianco e rosso, con stella fiancheggiante in alto; motto ‘in virtute potestas’.”

Con queste parole è descritta l’antica dimora carrucese dei nobili Lubatti da un membro del casato, certo E. Lubatti, autore insieme a N. Massaroli di un volume intitolato La Famiglia Lubatti, Piazza Vecchia, edito a Varese nel 1910. I Lubatti sono una antica famiglia documentata in Carrù (Archivio Comunale, Parrocchiale e della Confraternita di San Sebastiano) sin dal XV secolo: i vari De Lubati, Lubat, Lubato, Lubati, Lubatti, ecc. menzionati in molti documenti stanno ad indicare le modifiche, le storpiature e l’evoluzione che lo stesso cognome ha avuto nel corso del tempo. A cominciare dal fine ‘400 - primo ‘500 un ramo di questa numerosa famiglia inizia ad emergere nell’ambito della società carrucese: si riscontrano infatti alcuni Lubatti che ricoprono incarichi rappresentativi nelle varie istituzioni civili e religiose locali.
Da allora sino al primo ‘900 i Lubatti sono presenti in Carrù in qualità di avvocati, notai, giudici, militari, sindaci, consiglieri, religiosi, iscritti a varie congregazioni civile e religiose, configurandosi pertanto tra le famiglie emergenti; per i tempi più antichi sino a tutto l’800 è da sottolineare inoltre lo stretto legame di membri della famiglia Lubatti con i Conti Costa della Trinità, feudatari del luogo (erano persone di fiducia impegnate in svariate mansioni legate all’all’amministrazione del feudo). Ciò sta a significare una posizione egemone sempre mantenuta dalla famiglia nei confronti della società e della politica locale. Come i Conti Costa della Trinità, Signori di Carrù, troviamo i Lubatti tra gli iscritti della Confraternita di San Sebastiano (Battuti Bianchi), che aveva sede dapprima nell’antico oratorio ubicato dietro la Chiesa Parrocchiale; successivamente nella sede odierna, compresa nella stessa isola urbana ove sorge la dimora dei Lubatti. L’edificio, attenendoci alle notizie riferite da N. Massaroli e da E. Lubatti (cit.) sembrerebbe pervenire alla famiglia intorno alla metà del XVII° secolo (per passaggio ereditario). Nel testo (cit.) è riportato in parte un atto notarile rogato Cristoforo Lubatti dal quale risulta che un certo Leone Becuto, nobile signore tesoriere del Cardinale Maurizio di Savoia e fratellastro dell’avvocato Gerolamo Lubatti (in casa del quale viene stipulato l’atto), essendo la madre Donna Micaela sposata in prime nozze con un Becuto ed in seconde con un Lubatti, acquista il 5 agosto 1643 da certo Cesare Zucchetti “…una casa d’alto in basso e di longo in longo coperta a coppi, col cortile dinnanzi, posta nella roatta sottana vicino alla piazza pubblica…” (cfr. Libri di Carrù, vol. XXV, foglio 675, Arch. Notar. Distrett. Di Mondovì). Il riferimento alla roatta sottana e alla vicinanza della Piazza pubblica (la sola in quegli anni nel paese), in una situazione urbanistica notevolmente differente rispetto all’attuale (nel 1703 la vecchia Chiesa Parrocchiale e molte costruzioni verranno abbattute per far posto alla nuova Chiesa del Gallo), conduce ad ipotizzare e localizzare la casa menzionata dal documento nell’area ove è ubicato il palazzo.

La sistemazione dell’edificio quale oggi appare si può riferire alla metà, circa, del XVII° secolo (successiva pertanto al supposto acquisto del Becuto) e fu condotta con chiari intenti rappresentativi, probabilmente inediti sino allora (fatta eccezione per palazzo Dalanzo-Avagnina nell’attuale piazza Dante, in parte espressione di una cultura figurativa e architettonica di poco precedente), in sintonia però con gli aggiornamenti strutturali e decorativi secenteschi del Castello dei Costa.
Successivamente, soprattutto nel corso del XVIII° sec. (ed in seguito ai grandiosi lavori legati al cantiere del Gallo per l’Assunta) furono commissionate da altre famiglie aristocratiche e notabili svariate residenze, che ancor oggi caratterizzano il concentrico carrucese. La notevole dimensione dell’edificio (il prospetto di facciata è lungo 38 metri e 33 cm.), che va letto, in parte, come il risultato di accorpamenti di edifici medievali (ho discusso e chiarito questo punto con gli architetti M.C. Visconti Cherasco, M.G. Vinardi, L. Re e L. Mamino) sta a significare la chiara rilevanza sociale di chi ne commissionò la sistemazione. Ma sono soprattutto le ricche e singolari decorazioni dei prospetti esterni ad esprimerne simbolicamente il ruolo sociale, politico ed economico dei Lubatti. A queste decorazione è affidato il principale messaggio di ‘decoro e immagine’ da parte dei Lubatti. N. Massaroli e E. Lubatti ci informano (cit.) che nel corso del XVII° sec. i Becuto e i Lubatti erano introdotti a Corte (una certa Donna Margherita Franchi Lubatti sembra fosse tra le dame di Cristina di Francia): i contatti con Torino e la Corte possono pertanto leggersi come indicativo presupposto riguardo le rilevanti espressioni figurative e architettoniche del palazzo. I prospetti esterni sono caratterizzati da profili a calce orizzontali che spartiscono i livelli, intersecati da altri verticali; le finestre sui due fianchi laterali sono contornate da motivi a cornici mistilinee sormontate da frontoni. Le decorazioni marcapiano e verticali continuano in facciata, dove però viene dato ampio risalto ad una ricca decorazione a fresco riferibile ca. alla metà del XVII° sec. e poi ripresa intorno alla metà del XVIII°. Nonostante la decorazione del prospetto esterno di facciata sia molto sbiadita e poco leggibile, ancora affiorano le fastose finte architetture che incorniciano le grandi finestre rettangolari del piano nobile: ognuna è caratterizzata dal busto di un imperatore romano a coronamento del timpano. A piano terra la decorazione delle finestre quadre include cornici sormontate da mascheroni (ne resta uno chiaramente leggibile).

 E’ forse utile ricordare, per inserire la facciata dipinta in un contesto ‘erudito’, che a Carrù tra il 1660-70 furono frequenti le visite dell’architetto di Corte Giovenale Boetto, chiamato in paese per lavori da eseguire nella vecchia Chiesa Parrocchiale (dove giunse ed intervenì pure il pittore Giuseppe Nuvolone, spesso rintracciabile col Boetto nei vari cantieri di questi) e per consulenze (inventari dei beni, con attenzione ai dipinti) nel Castello dei Costa. L’edificio presenta tre piani fuori terra; la facciata occupa per intero il lato nord-ovest della piazzetta del Municipio. Lo stretto fianco destro dell’immobile affaccia verso via Cavour (antica via dei Morelli) e prosegue includendo un basso corpo agganciato all’edificio principale: da questo lato si accede al cortile interno di forma rettangolare attraverso un portone carraio. Il breve fianco sinistro affaccia verso via Mazzini (antica via della Piazza) e termina addossandosi alla proprietà Schellino, un edificio che in passato era appartenuto agli stessi Lubatti (di cui rimane sopra il portone carraio lo stemma). Allo stato attuale, in facciata a piano terra notiamo (angolo piazza verso via Mazzini) un negozio di elettrodomestici che, per l’apertura delle vetrine rettangolari e l’applicazione di rivestimenti marmorei (intervento degli anni ’60 del ‘900), contrasta notevolmente con l’insieme dell’edificio. Sempre a piano terra in facciata riscontriamo quattro porte rettangolari a battenti lignei e una sequenza di finestre di forma quadrata: centralmente sono visibili le tracce di tamponatura dell’originale portone d’ingresso, sul quale ancora si scorge la sbiadita arma gentilizia dei Lubatti. Il primo piano è caratterizzato dalla regolare apertura di finestre rettangolari, provviste di chiusura a persiana; un balcone ottocentesco (in pietra e ringhiera in ferro battuto), l’unico presente in facciata, è applicato in corrispondenza della seconda apertura (qui porta finestra) procedendo da sinistra verso destra nella lettura dell’edificio. All’ultimo piano riscontriamo tre diversi tipi di apertura: procedendo da sinistra verso destra notiamo finestre simili a quelle del primo piano (anche se di minore altezza), una loggia ad archi chiusa da vetrate con telaio in legno (cinque archetti) ed infine una sequenza di aperture rettangolari chiuse da scuri lignei che danno luce ai solai (l’ultimo piano era in parte civile abitazione ed in parte solaio).

Copre l’edificio un tetto a capriate lignee e manto in coppi a falde sporgenti. Il prospetto verso il cortile interno presenta due livelli intonacati e il livello superiore con muratura a faccia vista (mattoni con inserimento disordinato di blocchi lapidei). Nella facciata posteriore si aprono alcune finestre e porte finestre rettangolari: al primo piano corre un lungo ballatoio in pietra e ringhiera in ferro. Probabilmente questa facciata posteriore ‘non finita’ denuncia un probabile pensiero iniziale di ulteriore estensione della dimora (non realizzato). Vi sono inoltre numerose costruzioni surrettizie che si svilupparono sui lati del cortile. A piano terra vari ambienti voltati erano un tempo usati come uffici, cucine, magazzini e locali di servizio. Il primo piano, o piano nobile dell’antica dimora dei Lubatti spicca per particolare carattere: è una infilata di ambienti di dimensioni differenti, tutti caratterizzati da soffitti a cassettoni lignei. Si accede al primo piano per mezzo di un importante scalone (scalini in pietra grigia), con impostazione non dissimile da altri in Carrù: per esempio da quello che troviamo nell’antica dimora Massimino (via Mazzini) e da quello di casa Manfredi (via Roma), nonostante varianti nelle dimensioni. Tutti gli ambienti di rappresentanza del piano nobile guardano verso la piazza e sono comunicanti (en enfilade) attraverso porte in noce a doppio battente databili tra il XVII° e il XVIII° sec. Particolare rilievo desta il salone d’onore (d’angolo, il primo a destra salendo le scale) di forma quadrangolare, in cui troneggia un maestoso camino (con stemma dei Lubatti dipinto). Qui alcune interessanti decorazioni pittoriche corrono a fascia continua, subito sotto il soffitto a cassettoni lignei: nonostante siano state abbondantemente riprese (fine ‘800-primo ‘900) sembrerebbero risalire al XVII° sec. ed indirizzate a celebrare le virtù del casato. Altre decorazioni stampigliate sulle pareti, che ritroviamo con varianti in tutti gli ambienti del palazzo, sono riferibili alla mano della baronessa Eaud, nonna dell’ultimo proprietario, dott. Fausto Cuccolini (testimonianza orale), che nei primi anni del ‘900 si impegnò in una generale sistemazione (soprattutto decorativa) dell’antica dimora (la decorazione interessa pure i cassettoni lignei). In alcuni ambienti certe decorazioni databili tra fine ‘800-primo ‘900 riconducono alla funzione d’origine: così si possono individuare la sala da pranzo, le camere da letto, ecc. L’ultimo piano del palazzo è quasi per intero occupato da solai, fatta eccezione per alcuni ambienti un tempo usati per abitazione. Da molti anni il palazzo non è più abitato. La funzione abitativa durò sino all’ultimo dopoguerra. Ne è attualmente proprietaria la Signora Laura Morelli vedova del dott. Fausto Cuccolini (la madre del dott. Cuccolini fu l’ultima Lubatti).

CARRU’: I BUSTI DI IMPERATORI DEI LUBATTI

Un occhio poco attento di certo non riesce a metterli a fuoco, sbiaditi spettri, un tempo vanto degli antichi abitatori del palazzo. Appena si possono scorgere, meglio dopo una pioggia abbondante che li ha rinfrescati: sono i “busti di imperatori romani “ (dipinti) posti a coronamento delle finestre del lungo prospetto di casa Lubatti, nella piazzetta del Municipio. Una facciata che appare oggi severa e un po’ cupa, ma che un tempo era ricca di colore e sontuosa, orgoglio esibito e manifesto emblematico di quell’ affermazione sociale raggiunta dai Lubatti intorno alla metà del XVII° secolo.


Già la scelta di adornare la facciata dell’abitazione con magnificenza, inserendo per l’ appunto i busti imperiali, conduce verso una precisa direzione: rendere a tutti manifesto il potere, l’ onore, la ricchezza della famiglia, fatta di uomini d’ armi e di legge, con incarichi svolti alla corte dapprima di Cristina di Francia, in un secondo tempo di Giovanna Battista di Savoia-Nemours (le due Madame Reali che ressero le sorti del Ducato Sabaudo nel corso del XVII° sec.). Attraverso una donna, Micaela Franchi Becuto, sposata in seconde nozze con un Lubatti si determina il consolidamento – e la fortuna – della sua discendenza. C’ erano state frequentazioni a Corte, incarichi svolti per conto del colto Cardinale Maurizio, maneggi segreti suggeriti dalle Reggenti…Insomma quanto bastava perché Gerolamo Lubatti, figlio di Micaela, segnalato dalle cronache con un non ben precisato incarico di ‘Capitano delle Guardie’, dedicasse all’avita dimora carrucese l’attenzione di chi voleva esibire una posizione privilegiata. Siamo in anni in cui Giovenale Boetto circolava da queste parti (antica Chiesa Parrocchiale e Castello) accanto al pittore Giuseppe Nuvolone ed insieme ad una nutrita schiera di artisti impegnati in varie commissioni. Si era da poco conclusa la ricca-pregnante stagione segnata dalla committenza di Gerolamo della Trinità e di sua moglie Paola Cristina, misteriosamente uccisa durante una battuta di caccia. Il gusto della Corte era un modello cui guardare; la corte, d’ altra parte, aveva già riflesso il suo splendore nel Castello e in molti luoghi carrucesi. E continuava a farlo. Quello era tempo di motti, di emblemi (che ritroviamo nelle decorazioni interne della dimora) e di riferimenti classici: i dodici Cesari di ascendenza tizianesca, conosciuti attraverso incisioni e disegni, possono essere indicati come riferimento ideale e prestigioso, anche se qui si è guardato ad una sorta di ‘raffigurazione scultorea’ tradotta in pittura, con occhio attento alle varie formulazioni discusse ed attuate nei vari cantieri ducali e aristocratici. Il ‘decor rustico’ dispiegato nella decorazione delle dodici finestre di casa Lubatti a Carrù (i busti imperiali poggiano su una complessa architettura dipinta che incornicia le aperture) rappresenta un raro frammento di quella cultura, strettamente legata alla corte, che circolava nella ‘Grande Provincia’, sostenuta e divulgata non solo dalle famiglie aristocratiche e dagli Ordini Religiosi, ma anche, come in questo caso, da membri della piccola nobiltà (fortemente radicati ai luoghi d’origine).

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